Onitsha

Le Clezio, Jean-Marie Gustave

ISBN 10: 2070387267 ISBN 13: 9782070387267

Casa editrice: Gallimard, 1993

Riassunto

288pages. poche. broché.

Su questo libro

Recensione:

Un occidentale dimentica l'Europa sulle rive del Niger

Giovanni Bogliolo, Tuttolibri - La Stampa

Arrivato alla piena maturità dei cinquant'anni, anche Le Clezio ha trovato la strada dell'autobiografia. Nel libro che nel '63 lo aveva imposto prepotentemente all'attenzione (Il Verbale) e in quelli che per un decennio avevano sfruttato la stessa vena (La febbre, Terra amata, Le fughe, Estasi e materia, La guerra) aveva espresso con ossessiva icasticità il fascino crudele della civiltà industriale, la gelida bellezza delle metropoli e l'angoscia dell'individuo che si sente sopraffatto dalla folla e assediato da oggetti improvvisamente ostili.
Poi, a partire da Voyages de l'autrecoté (1975), aveva voltato le spalle al mondo civilizzato e si era lanciato anima e corpo nell'esplorazione appassionata di ogni possibile altrove, quello delle civiltà sepolte o cancellate (Les propheties du Chilam Balam, Relation de Michoacan, Le reve mexicain) come quello dell'infanzia (Mondo et autres histoires, L'inconnu sur la terre).
La conversione, propiziata dai viaggi che lo scrittore aveva fatto intorno al mondo e da un lungo soggiorno in Messico, si era manifestata con tanto inattesa rapidità ed era stata annunciata con tanto enfatica risolutezza ("Non so come sia possibile, ma le cose stanno così: sono un indiano") che era potuta sembrare una sorta di tradimento, l'abbandono di una vocazione che artisticamente si stava arenando nella monotonia, un tentativo velleitario e non molto promettente di rinnovamento.
Solo con Deserto (1980), quando la dialettica dei due universi contrapposti è finalmente diventata materia di romanzo, la critica ha riconosciuto la validità del percorso e ha ritrovato, più misurato e maturo, il grande scrittore che sembrava perduto dietro alle nostalgie primitiviste o ai miraggi dell'esotismo. Ora sappiamo anche che quel miraggio si era materializzato nell'infanzia di Le Clezio e che quella nostalgia ha nutrito tutta quanta la sua vita. Onitsha proviene infatti dalla stessa matrice di Deserto e propone lo stesso confronto tra l'Africa e l'Europa, ma oltre a presentarlo in maniera più sfumata e più variamente modulata, lo radica con precisi riscontri biografici alla personale esperienza dello scrittore.
Qui non si tratta più di una giovane tuareg che ritorna al suo deserto dopo un'infelice avventura marsigliese, ma di Fintan, un francese dodicenne che, come il giovane Le Clezio, parte con la madre dalla Francia meridionale per raggiungere il padre in uno sperduto villaggio lungo il Niger e che come lui, quando sarà ormai adulto, studente a Bristol o professore a Bath, si accorgerà di essere rimasto segnato per sempre da quell'anno indimenticabile.
Ai sensi vergini del ragazzo l'Africa offre sollecitazioni indelebili. La lunga traversata da Bordeaux a Port Harcourt sulla vecchia nave della Holland Africa Line basta ad allentare i suoi vincoli con l'Europa e a trasformare l'ostilità con cui aveva subito quello sradicamento in un'attesa trepidante. Poi saranno i colori del cielo e della prateria, il rumore dei tamburi e la cantilena del pidgin, il sapore dell'igname e della zuppa d'arachidi, il contatto del piede nudo con le rocce e coi rovi, l'offerta gioiosa del viso e del corpo allo scroscio violento della pioggia e il dialogo che il suo amico Bony gli insegnerà a stabilire con le divinità che abitano animali e cose a fare di lui nel breve volgere di un anno un figlio d'elezione della terra africana. Ma la sua esperienza non è la sola. A Maou, sua madre, l'Africa ne offre una più dolorosa ma non meno incisiva: era partita con gioia e speranza per ricongiungersi a un marito che aveva solo fugacemente conosciuto e caparbiamente idealizzato, e si era portata dietro dall'Europa un sogno d'Africa che la realtà delle monotone giornate di Onitsha smentisce crudelmente. Invece di corse nella savana o di incontri con "avventurieri, missionari, medici divorati dai tropici, maestrine eroiche" trova una "piccola città coloniale schiacciata dal sole, addormentata davanti al fiume fangoso" e una "società di funzionari sentenziosi e noiosi che passano il loro tempo a giocare a bridge, a bere e a spiarsi" e a praticare uno schiavismo appena camuffato. Eppure, attraverso la delusione, anche lei finisce per appartenere a quella terra. Forse perché avverte istintivamente che questa appartenenza è, molto più del lungo viaggio compiuto, necessaria a colmare la distanza che la separa dal marito, assorto in un sogno africano che lo divora come una febbre.
Geoffrey è da sempre alla ricerca del luogo in cui Arsinoe, la figlia della mitica regina degli Aros fuggita dall' Egitto meridionale con tutto il suo popolo, ha, dopo una marcia interminabile attraverso il deserto e la savana, fondato la nuova Meroe. Ha accettato di lavorare per la United Africa solo per fare le sue ricerche sulle rive del Niger e proprio a Onitsha ha ritrovato, inciso sul volto degli uomini di una tribù, il segno itsi il sole e la luna sulla fronte, le piume delle ali e della coda del falco sulle guance dei discendenti di quella remota migrazione.
Le Clezio, che ha acquisito l'arte di far parlare le cose anziché sommergerle sotto il flusso delle parole, riesce a seguire con lucidità e passione questi tre diversi percorsi di conoscenza e insieme a legarli in un unico suggestivo intreccio. E a far intravedere dietro all'Africa corporale di Fintan, all'Africa sentimentale di Maou e all' Africa mitica di Geoffrey una stessa esperienza fondatrice, quella del segreto accordo dell'uomo con la natura che il mondo ha dimenticato e di cui egli, ultimo casuale testimone, porta per sempre il rimpianto. 

L'autore:

J. M. G. Le Clézio est né à Nice le 13 avril 1940. Il est originaire d'une famille de Bretagne émigrée à l'île Maurice au XVIIe siècle. Il a poursuivi des études au collège littéraire universitaire de Nice et est docteur ès lettres. Malgré de nombreux voyages, J. M. G. Le Clézio n'a jamais cessé d'écrire depuis l'âge de sept ou huit ans : poèmes, contes, récits, nouvelles, dont aucun n'avait été publié avant "«Le Procès-verbal», son premier roman paru en septembre 1963 et qui obtint le prix Renaudot. Influencée par ses origines familiales mêlées, par ses voyages et par son goût marqué pour les cultures amérindiennes, son œuvre compte une cinquantaine d'ouvrages. En 1980, il a reçu le grand prix Paul-Morand décerné par l'Académie française pour son roman «Désert». En 2008, l'Académie suédoise a attribué à J. M. G. Le Clézio le prix Nobel de littérature, célébrant «l'écrivain de la rupture, de l'aventure poétique et de l'extase sensuelle, l'explorateur d'une humanité au-delà et en dessous de la civilisation régnante».

Su questa edizione

• Editore: Gallimard
• Data di pubblicazione: 1993
• ISBN 10: 2070387267
• ISBN 13: 9782070387267
• Rilegatura: Libro
• Numero di pagine: 288