Recensione:
Ellroy, una bandiera di fango garrisce sul sogno americano. Sbirri, mafia e Fbi: i torbidi fili della storia dietro gli assassinii dei due Kennedy e di Martin Luther King
Piero Soria, Tuttolibri - La Stampa
Sei pezzi da mille è un cuore amareggiato che riprende a battere ansioso là dove l’infarto emotivo di American Tabloid l’aveva estenuato. Un cuore irato, convulso, addolorato dalla ferita americana. Dal sogno distrutto. Dalla frontiera cancellata. Ansante nel petto ambiguo del grande complotto, nell’incubo sterminatore di speranze, nei proiettili che - con JFK, Martin Luther King e Bob Kennedy - hanno spento la luce. Il buio intorno, acceso soltanto dal macabro bagliore dei sorrisi e delle maschere tragiche di Edgard Hoover, Sam Giancana, Santo Trafficante, Carlos Marcello e Jimmy Hoffa. Dal ghigno draculesco di Howard Hughes. Dal sospiro collettivo di Fbi, Mafia e Affari che possono finalmente tirare il fiato e puntare sul nuovo giro di roulette: fiches e slot machines affidate all’ultimo croupier di fiducia, Dick Triky Nixon. Pezzi di storia. Versioni ormai prive di smentita. Omicidi. Marionette e burattini. «Assassini» incastrati: Lee Oswald, Jack Ruby, James Earl Ray, Sirhan Sirhan. Corruzioni. Marciume diffuso. Avidità. Perversione. Vero e inventato ricuciti insieme con ritmo e abilità rara. Cuba. Castro. Diritti civili. Vietnam. Ku Klux Klan. La Las Vegas «hollywoodiana» del sesso e dei ricatti: «Al Cavern ci sono sei bungalows separati per i festini e le orge degli omosessuali in vista, che vengono riforniti di prostituti, liquori esotici, proiettori, filmini pornografici, nitrito di amile & marijuana. Fra gli ospiti figurano numerose stelle del cinema e della televisione tra cui: Danny Kaye, Johnnie Ray, Liberace, Walter Pidgeon, Montgomery Clift, Burt Lancaster, Roddy Mc Dowell, Leonard Bernstein, Sal Mineo, Randolph Scott & Rock Hudson. Uno dei prostituti preferito da tali clienti è...». I neri chiamati Mau Mau e Baluba. Sonny Liston strafatto di anfetamine, per questo sconfitto da Cassius Clay, e ridotto a guardaspalla e a picchiatore per i «Ragazzi» dei casinò sullo Strip. «L’eroina mooolto boocoo buona» lavorata nella Saigon di guerra e trasportata a Vegas su voli a stelle e strisce. «Banana Boat» Belafonte al party delle Colombe della pace. «Oh, c’è anche Rita Hayworth. E quella chi l’ha fatta entrare? Sa tanto di dipsomane. Sembra ubriaca. Abbiamo avuto una storiella di un paio di secondi...».
Mille flash. Mille ritratti. Un grande affresco. Uno straordinario noir-verità, dal 22 novembre 1963 al 9 giugno 1969. Gli anni del mito, quelli dell’ultima rivoluzione prima della caduta del Muro. Un Ellroy stupefacente. Ma, anche, un piccolo mistero italiano: nessun dubbio che fin da Dalia nera (una novità: uscita dai cataloghi, verrà ripubblicata in hard cover tra breve), i suoi, siano diventati romanzi cult e, dunque, apprezzati soprattutto da un pubblico di nicchia. Il motivo è semplice: il suo modo di scrivere sincopato, surreale, duro, «fissato», vagamente schizofrenico e maniacale, è sempre stato sufficientemente elitario e complicato per vellicare la massa. Ora invece - ed è questa la sorpresa - i suoi Sei pezzi da mille sono diventati un improvviso boom e hanno sorpreso per primo il suo editore che, impreparato, è stato costretto a ben tre ristampe in meno di quindici giorni. Eppure, benchè sia un romanzo affascinante, questo è anche il più «difficile» della produzione ellroyana e quindi, in teoria, il meno adatto a diventar fenomeno popolare: la scrittura infatti è diventata ancor più ansimante, scarna, ossessiva. Ritmata dalla ripetizione assillante e allucinata dei soggetti e dei punti. («Pete vendeva droga. Pete dirigeva la sua compagnia di taxi. Pete dirigeva il suo albergo-casino. Pete aveva il Vietnam. Pete aveva una follia su due fronti».) Ma anche affamata di spot biografici crudi e sferzanti. («John Ireland? Esibizionista con un batacchio di quarantacinque centimetri. Va nei campi dei nudisti ed esercita la sua attività. Sammy Davis Junior? Ambidestro. Gli piace il pelo biondo ed entrambi i generi. Natalie Wood? Lesbica. Al momento vive con un maggiore dei corpi femminili dell’esercito di nome Biff. Sonny Liston? Ubriacone, tossico, puttaniere. Amico degli ammazzabaluba. Bob Mitchum? Erbivoro. Phyllis McGuire? Si scopa Sam Giancana. Jane Mansfield? Si scopa il mondo intero». Forse vuol dire che i fili della Storia Vera hanno preso il sopravvento su quelli della Storia Ufficiale. E la gente se n’è accorta.
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