Recensione:
La Cina di Qiu Xiaolong, dal maoismo al capitale. Shanghai di seta e sangue
Piero Soria, Tuttolibri - La Stampa
Qiu Xiaolong è nato e vissuto a lungo a Shanghai dove si guadagnava la vita come scrittore e traduttore. Ma nell’89, dopo i fatti di Tienanmen, si è rifugiato a Saint Louis dove, da allora, insegna letteratura cinese alla Washington University. La sua e la nostra fortuna è l’aver inventato un grande personaggio, l’ispettore Chen Cao. Una strana sintesi di poeta investigatore che con lo sguardo allo stesso tempo sognante e disincantato sa raccontarci la Cina di oggi, frugandone le origini nelle immense e sanguinose rivoluzioni che hanno traghettato un popolo dal Libretto Rosso al Capitale. L’ultimo suo romanzo Di seta e di sangue ne è uno degli esempi più sottili.
Ambientato a cavallo del Duemila, il quadro che ne risulta è un vortice di colori che presagisce il totale ribaltamento di una società con la comparsa dei nuovi miti e la cancellazione dei vecchi. Ci sono i ricconi, i night e i negozi di lusso, gli immensi palazzi che crescono come funghi all’ombra di inusitate corruzioni, c’è l’estremo tentativo della politica di governare i cambiamenti con i suoi commissari depauperati della primitiva autorità e improvvisamente fuori moda. E c’è tutto ciò che l’antico regime negava: dall’individuo alla psicoanalisi, dall’immoralità sessuale al delitto seriale, considerati come esclusivo cancro dell’Occidente.
In questo caso Qiu Xialong trae spunto da una serie di giovani e bellissime donne strangolate e abbandonate nei luoghi più strategici di Shanghai in pose discinte ma fasciate in un elegantissimo quipao mandarino rosso, l’abito delle classi superiori che Mao aveva messo al bando perchè simbolo quasi sensuale di egemonia intellettuale. Le vittime (tranne una) sembrano appartenere al novello travestimento che indossa la prostituzione, quello delle triplici accompagnatrici: le ragazze karaoke, quelle che prendono la stecca al ristorante per farti spendere il massimo, e quelle che ti eccitano ballando. Il tutto condito, come sempre, da grande leggerezza e acume.
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