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Brossura. Condizione: new. Milano, 2023; br., pp. 160, ill. col., tavv. col., cm 12x24.(Saggi in Officina). Genova ad avvio del Seicento è teatro di un fiorire di esperienze artistiche «forestiere». Soggiomano in città o vi inviano opere artisti toscani e senesi vi approdano i pittori lombardi, è presente una colonia di fiamminghi raccolta intorno a Cornelio de Wael, a cui si aggiungono Rubens, di passaggio nella Superba nel 1605 e, negli anni venti, Anton Van Dyck Sono queste alcune delle molteplici componenti alla radice della maturazione di una autonoma scuola locale, che già nel Settecento il pittore e scrittore d'arte Carlo Giuseppe Ratti identificò come «un misto di più maniere, perché ha del Veneziano, del Lombardo, del Fiammingo e del Toscano». La chiave di lettura proposta da Ratti e approfondita da Luigi Lanzi nella sua Storia pittorica della Italia, sarà fatta propria e rielaborata nel Novecento da Roberto Longhi, le cui riflessioni e i cui scritti, punto di avvio del volume, sono uno strumento importante per riflettere sull'identità della scuola pittorica del Seicento a Genova. Il complesso carattere della cultura figurativa della città è analizzato attraverso affondi dedicati ad alcuni protagonisti. Giovanni Benedetto Castiglione, la cui attività si divide tra Genova e Roma, crea un composto tutto personale che mescola agli insegnamenti di Van Dyck, le esperienze del movimento neo-veneziano, le suggestioni di Poussin e Bernini; Gregorio De Ferrari studia e copia Correggio e traduce in chiave decorativa coloristica il barocco beminiano; Bartolomeo Guidobono, artista eccentrico diviso tra Genova e Torino, esporta i delicati e festosi caratteri della pittura genovese nel contesto figurativo della capitale sabauda allo scadere del Seicento. Libro. Codice articolo 3896405
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