Recensione:
La bella e il violino
S_P, Tuttolibri - La Stampa
Dopo la trilogia uscita tra il '94 e il '96 - La forma dell'acqua, Il cane di terracotta e Il ladro di merendine - Montalbano è di nuovo all'opera con La voce del violino, il più recente e sempre brillante caso.
Invecchia a lento respiro - si approssima ai quarantasei anni - ma rifugge dal matrimonio come da un irreversibile contagio. È un po' come spiarne le abitudini, prevederne le mosse, sorreggerlo nel confronto con gli attendenti spesso da barzelletta e i superiori incarogniti e pronti ad archiviarlo. Così almeno vorrebbe il nuovo questore rampante Bonetti-Arrighi, in vena di innovare la polizia a suon di informatizzazioni. Ma il caso della bella Michela Licalzi trovata soffocata, nuda e forse violentata nel suo villino delle vacanze presso Vigata, è ancora compito di Montalbano, che fiuta il marcio anche tra le violette della normalità. Chi sarà questa volta l'assassino? L'anziano e impotente marito - il dottor Licalzi da Bologna - o piuttosto il povero di spirito Maurizio Di Blasi, inutilmente sacrificato sull'altare della colpa? La soluzione è sulle corde di un violino divinizzato dalle dita di un vecchio musicista in pensione...
Vigata e i suoi indigeni sono sempre più di casa: un microcosmo in cui Camilleri trova feconde ispirazioni, proseguendo tra radici e finzione creativa, dando sempre più l'impressione di aver tra le mani un mondo gelosamente suo e in grado tuttavia di ingraziarsi il lettore. E chissà che, sotto sotto, Montalbano non sia già tornato in caccia, tra un diverbio telefonico con la "nordica" Livia e un'abbuffata di pesce in trattoria, laggiù nella sua turbolenta - ma adorata - Macondo sicula.
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Il retro leggermente danneggiato.
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