«In ogni epoca, farmaco e società sono sempre stati in stretta connessione tra loro: la società ha sempre riposto nel farmaco una fiducia esagerata sulla capacità di sconfiggere le malattie, e gli assertori più convinti di queste proprietà taumaturgiche sono stati sempre e soprattutto i malati, vedendo rappresentata nel farmaco una 'promessa di salute', anche se non sempre mantenuta. A volte il rimedio è peggiore del male (Graviora quaedam sunt remedia periculis): vero per tutti, questo principio richiama a una ancora maggiore attenzione negli anziani, per se principali consumatori di farmaci, spesso in politerapia, con conseguenti problematiche relative alla corretta assunzione, compliance, interazioni con gli alimenti e tra gli stessi farmaci [...]. E tuttavia, la platea di consumatori di farmaci si è andata via via allargando:ai farmaci per migliorare la salute, si vanno aggiungendo i farmaci per migliorare la qualità della vita (lifestyle drugs, smart drugs). Si è forse avverato il sogno di chi voleva produrre farmaci destinati a 'chi sta già bene e vuole stare meglio'. Alla luce di questa nuova filosofia, è difficile stabilire chi sta bene: un tempo, stava bene chi 'non stava male' (!!). Oggi, è la misura di numerosi parametri fisiologici che fornisce lo stato di salute di un individuo.Per cui, chi crede di star bene, potrebbe essere solo uno sprovveduto che non si è sottoposto alla serie completa di analisi per stabilire con certezza che 'non sta male'. E se si assumono farmaci per la caduta dei capelli, per l'invecchiamentio della pelle, per smettere di fumare, per controllare l'obesità, per controllare l'intestino irritabile, per controllare il deficit di attenzione e l'iperattività, per migliorare le prestazioni sessuali dell'uomo e della donna, ecco che le possibilità di incrocio interattivo si moltiplicano considerevolmente.»
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