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Silva, Pietro Napoleone ISBN 13: 9788895045214

Napoleone - Brossura

 
9788895045214: Napoleone
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Recensione:
Metternich, tombeur della vecchia Europa

Klemens Wenceslaw Lothar, principe di Metternich dal 1813, è imbalsamato nei manuali scolastici come il perfetto reazionario, il passatista immobile, che si muove con cinismo consumato sulle tavole dell'Antico Regime. Gli italiani continuano a rinfacciargli la definizione della penisola come pura «espressione geografica», patchwork di particolarismi e campanilismi, appena increspato da qualche agitatore radical-chic incapace di vere rivoluzioni senza il supporto di una potenza straniera.
Non vedeva affatto male, questo nobiluomo della Mosella la cui famiglia aveva dovuto rifugiarsi in Boemia con l'arrivo dei Francesi. Grazie anche a un avveduto matrimonio con la nipote di von Kaunitz, cancelliere di Maria Teresa d'Austria, compie una rapida ascesa in diplomazia: ambasciatore a Dresda (1801), Berlino (1803), Parigi, dove si intende bene con Talleyrand (1806), ministro degli Esteri nel 1809, a trentasei anni, Cancelliere nel 1821 e sino al 1848. Occhi azzurri, conversatore brillante, sorriso appena beffardo, tombeur de femmes, molto sicuro di sé al punto da risultare indisponente, impara presto il senso della pluralità delle culture e dei linguaggi. È capace di analisi accurate, agevolate dalle ottime capacità di relazione, che poi traduce in sintesi lungimiranti. È nemico di ogni egemonia che metta a repentaglio l'equilibrio complessivo del sistema europeo. Dalla Spagna alla Prussia, dall'Ungheria alla Russia, non c'è macroregione cui non abbia applicato i suoi strumenti diagnostici, perseguendo un sistema di contrappesi da gestire a vantaggio del suo imperatore, Francesco d'Austria. Era come governare per mari infidi una vecchia nave un po' malandata navigando sotto costa (difatti lo chiamano «il ministro del bordeggio»), mentre all'orizzonte comincia a tuonare una modernità che fa le sue prove con il folle volo di Napoleone. Con il quale corre una simpatia evidente, anche se nel drammatico incontro di Dresda del 1813 (nove ore senza riuscire a indurlo a un ragionevole compromesso) arriva a dirgli a muso duro: «Sire, voi siete perduto!». Apprezza l'accelerazione quasi brutale che Napoleone ha impresso al concetto di tempo, l'energia sovrumana, la rapidità di progettazione ed esecuzione, la conoscenza degli uomini; ma ha capito che quel forsennato rincorrere sempre nuove vittorie non può durare, e che a Parigi sono assai meno incantati da tanti trionfi di quel che credono all'estero. Dopo Trafalgar, aver perso il dominio dei mari è aver perso l'intera partita. Ma è ancora Metternich a firmare il capolavoro diplomatico delle nozze con Maria Teresa (un anno di lavoro). Il parvenu voleva sposare la sorella dello zar Alessandro, ma questo avrebbe significato stringere l'Austria in una morsa letale. Sacrificando Ifigenia-Maria Teresa sull'altare francese, Metternich può continuare ad essere l'ago della bilancia europea almeno per qualche anno, prima che il giocatore si tradisca da solo.

Il Congresso di Vienna incorona il paziente tessitore asburgico come il vero vincitore della lunga partita, ma paradossalmente è proprio a partire da questo punto che Metternich irrigidisce le sue strutture percettive, perde duttilità, la capacità di leggere e gestire i mutamenti, lui che aveva detto che gli avvenimenti che non possono essere impediti devono essere diretti. I concetti di libertà, democrazia, nazione, gli restano indigeribili. Parla di un mondo in preda alla demenza solo perché non riesce più a capirlo, si affida alla forza della repressione, non coglie il significato delle rivolte del 1820 e del 1830. Aveva rinfacciato al patriota liberale Federico Confalonieri, in partenza per lo Spielberg, di essere quello che oggi chiameremmo l'utile idiota dei giacobini, lui così colto e civile. Gli sfuggiva che proprio il non aver saputo ammodernare l'offerta politica attraverso riforme liberali avrebbe provocato vigorosi scoppi rivoluzionari, l'ultimo dei quali, quello del 1848, l'avrebbe travolto. L'Austria aveva gonfiato a dismisura i suoi apparati burocratici, trascurato agricoltura e industria, ingigantito il debito pubblico. Scelsero lui come capro espiatorio: dovette fuggire, trovare scampo in Inghilterra su una nave maleodorante, carica di pecore. La sua Sant'Elena durò solo due anni. Fu il giovane Francesco Giuseppe, appena salito al trono, a riaccoglierlo, riconoscendogli i molti meriti dei suoi servigi.

Con l'autorevolezza che si è conquistato non solo in Italia, Luigi Mascilli Migliorini ha scritto una biografia d'ampio respiro ed eleganza intellettuale. È la prima che abbia scritto uno storico italiano e va ben oltre il profilo di un singolo personaggio, per quanto complesso. Possiamo cogliere nella intricata partita che si è giocata nella prima metà dell'800 la filigrana delle tensioni, delle fragilità e dei conflitti che l'Europa si trascina dietro. Ora che il percorso di un autentico sodalizio continentale si è fatto accidentato, e quel che ci divide sembra più di quel che ci unisce, le vicende di lungo periodo hanno molto da raccontare, se solo gli uomini sapessero ascoltare la Storia.

C'è addirittura in nuce la Grande Guerra, nel mondo che il Cancelliere lascia nel 1859, a 85 anni, quasi stroncato dalla notizia della sconfitta di Magenta. Lui lo aveva già capito sin dagli anni di Napoleone: i due grandi problemi europei, connessi tra loro, erano i futuri assetti di Germania e Italia. E certo oggi sarebbe molto preoccupato di fronte ai chiari segni dell'egemonia tedesca. L'uomo dei larghi equilibri avrebbe molto da lavorare.
Recensione di Tuttolibri, a cura di Ernesto Ferrero

Le informazioni nella sezione "Su questo libro" possono far riferimento a edizioni diverse di questo titolo.

  • EditoreMillennium
  • Data di pubblicazione2009
  • ISBN 10 8895045211
  • ISBN 13 9788895045214
  • RilegaturaCopertina flessibile
  • Numero edizione2
  • Numero di pagine80
  • RedattoreMascilli Migliorini L.

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