Una lettura antropologica della Cantata dei Pastori.
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Annibale Ruccello è forse, in questo momento, il drammaturgo napoletano più rappresentato sui palcoscenici europei e sud-americani. Questo suo primo testo a stampa, Il Sole e la Maschera, porta all’attenzione i temi su cui è fondata la sua attività culturale. Due sono i filoni: la riscoperta della tradizione popolare, e le potenzialità comunicative di un teatro popolare dalle antichissime origini rituali. La Cantata dei Pastori, è appunto la revisione controriformistica di tradizioni popolari, legate a culti antichi e alla celebrazione del solstizio d’inverno. Nell’attenta analisi del testo barocco, il germe del teatro di Ruccello si prefigura nel settore dedicato alla Madonna, già oggetto del suo studio da anni. E’ questo il punto fondamentale per capire come il drammaturgo napoletano abbia portato nel suo teatro stratificate figure femminili senza tempo, come complesse identità di donne-madre la cui natura femminile è spesso offesa e tradita, al pari della femminilità e maternità di Maria, prima adorata nella sua eccezionalità, e poi ferita dalle Sette Spade della Passione.
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