Recensione:
La Ragion di Stato Usa nell’ambigua guerra ai trafficanti Il bianco potere dei mexi-narcos
Soria Piero, Tuttolibri - La Stampa
Di droga che finanzia il binario occulto della politica estera americana attraverso corpi separati dei servizi segreti ne abbiamo letto e riletto. Dai tempi del Vietnam a quelli dell’Iran-Contra immortalati dalla mascella d’acciaio di Oliver North, metà eroe assoluto dell’anticomunismo, metà patriottica carogna e ora commentatore di punta della repubblicana Fox Tv. Ma mai ne avevamo avuto un racconto così nitido e inquietante quale quello che emerge dalle pagine angosciose de Il potere del cane di Don Winslow che già aveva dato ottima prova di sé ne L’inverno di Frankie Machine. Tutto nasce dalla tecnica di scrittura usata: un’impressionante groviglio di singole biografie che, filone dopo filone, si intersecano con vigore, sovrapponendosi, completandosi, disegnando nuovi squarci, fino a costruire una sorta di reportage della devianza dove la ragion di Stato è l’unico parametro in grado di definire la morale. Il primo tassello è il chican-californiano Art Keller, poliziotto ingenuo e puro destinato alla «stazione» Messico, ma inviso ai suoi capi per la sua ossessione di dimostrare un’evidenza artatamente disconosciuta da Washington: che l’intero Paese è la piattaforma su cui atterra e decolla il mercato della droga in cambio di armi destinate a sostenere l’anticastrismo nel Centro America.La seconda tessera è Miguel Angel Barrera che, con i nipoti Adàn e Raul, è al medesimo tempo guardia del corpo del regime e boss del micidiale cartello dei narcos della Federacion. Poi ci sono Padre Parada, potente e incorruttibile monsignore del pueblo, acerrimo avversario tanto dei traficantes quanto delle mollezze della Chiesa di Roma. Nora Hayden, bellissima puttana dal cuore sanguinante. E Sean Callan, irlandese di Hell’s Kitchen, catapultato quasi per caso nei meandri della mafia newyorchese.Come contorno, in un’atmosfera di tradimenti, doppi giochi, specchi deformanti e vendetta, viene proiettata sul grande schermo della storia la fotografia del rapporto complesso e contraddittorio che Casa Bianca e dintorni hanno continuato a tessere con le «repubbliche delle banane» tra disprezzo e paura. Grande scrittura, acceleratore sapientemente dosato, personaggi e sentimenti ben al di là del solito abbozzo di genere.
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