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Ferite a morte - Brossura

 
9788817072342: Ferite a morte
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"'Ferite a morte' nasce dal desiderio di raccontare le vittime di femminicidio. Ho letto decine di storie vere e ho immaginato un paradiso popolato da queste donne e dalla loro energia vitale. Sono mogli, ex mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex fidanzate che non sono state ai patti, che sono uscite dal solco delle regole assegnate dalla società, e che hanno pagato con la vita questa disubbidienza. Così mi sono chiesta: 'E se le vittime potessero parlare?' Volevo che fossero libere, almeno da morte, di raccontare la loro versione, nel tentativo di ridare luce e colore ai loro opachi fantasmi. Desideravo farle rinascere con la libertà della scrittura e trasformarle da corpi da vivisezionare in donne vere, con sentimenti e risentimenti, ma anche, se è possibile, con l'ironia, l'ingenuità e la forza sbiadite nei necrologi ufficiali. Donne ancora piene di vita, insomma. 'Ferite a morte' vuole dare voce a chi da viva ha parlato poco o è stata poco ascoltata, con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi. Ma non mi sono fermata al racconto e, con l'aiuto di Maura Misiti che ha approfondito l'argomento come ricercatrice al CNR, ho provato anche a ricostruire le radici di questa violenza. Come illustrano le schede nella seconda parte del libro, i dati sono inequivocabili: l'Italia è presente e in buona posizione nella triste classifica dei femminicidi con una paurosa cadenza matematica, il massacro conta una vittima ogni due, tre giorni." (Serena Dandini)

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Recensione:
Una Spoon River color rosa sangue

Elena Masuelli, Tuttolibri - La Stampa

Non c’è niente di casuale, o di inventato, nelle storie di Ferite a morte. Chiunque sa che è scandalosamente vero quel fardello di infelicità e di orrore, portato addosso in maniera spesso inconsapevole, ostinatamente negato, giustificato fino all’estremo, che troppe volte diventa lutto. Donne innamorate di un amore sbagliato, che le fa sentire in errore, «colpevoli» di avere provato a inventarsi una vita diversa rispetto a quella decise per loro. Tutti lo sanno, ma solo chi c’è passata dentro, anche solo per poco o per sbaglio, per uno schiaffo, un abuso, un obbligo, lo può raccontare davvero.
Così Serena Dandini, al suo primo libro di narrazione, ha scelto di affrontare un tema delicato, troppo spesso delegato alla morbosità della tv e a titoli frettolosi, e ha ricostruito un mondo femminile popolato di vittime che rievocano il loro calvario e la loro fine. Una «Spoon River» delle donne che non lascia indifferenti, smuove i sentimenti e commuove, facendo piangere e insieme anche sorridere di amarezza. Ci sono dentro tutta l’ironia acuta e il linguaggio tagliente dei suoi precedenti lavori, insieme alle citazioni, all’inizio di ogni capitolo, suggestione, spunto di riflessione e omaggio ai «suoi» autori e alla «sua» musica, Vasco Rossi e Battiato, Virginia Woolf e Alda Merini, Neruda e Brecht.
Il racconto di ognuna per ricordarle tutte, le donne ammazzate dagli uomini, spesso i loro: umiliate «sotto una pioggia di pietre» per avere osato sfuggire a un matrimonio imposto; violentate e finite in un parco per avere inseguito la voglia di correre all’aperto, come fanno i maschi; massacrate di botte senza una ragione, ma fatte sentire responsabili; private dei figli, peggio che uccise, punite per sempre per avere pensato di scappare; inesorabilmente ammalate o condannate, dopo essere state disposte a tutto per mantenere se stesse e le loro famiglie. Per ciascuna un registro linguistico, un accento, tutto un universo di pressioni psicologiche, culturali e famigliari, di indifferenza, di sottovalutazione, tratteggiato in poche frasi. Perché non c’è angolo del mondo, livello culturale o sociale, benessere economico che possa mettere al sicuro, solo che in qualche caso, o in qualche posto, è peggio.
Un panorama reso indelebile dai dati, quelli dell’approfondimento curato, nella seconda parte del libro, con Maura Misti, ricercatrice al Cnr, per non far finta che non esistano il femminicidio, una parola cruda, usata per la prima volta dalla criminologa Diana Russell per indicare la violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna», ma anche la tratta e le sfruttamento, le mutilazioni e gli infanticidi femminili.
Ferite a morte è nato con un evento teatrale, un urlo collettivo di attrici, giornaliste, amiche, fra cui Lella Costa, Lilli Gruber, Caterina Caselli, Malika Ayane, Concita De Gregorio e Geppi Cucciari: sul palco danno voce a queste storie, per sostenere la Convenzione NO More!, le associazioni e i centri antiviolenza. Il viaggio è cominciato a Palermo per ricordare Carmela Petrucci, pugnalata a morte per difendere la sorella dalla furia di un ex fidanzato, il libro è dedicato a lei. E dopo Bologna, Genova e Milano, le donne di Serena Dandini saranno a Firenze il 5 aprile, a Roma l’8 e Torino il 12. Ai piedi le «zapatos rojos», scarpe rosse come quelle dell’artista Elina Chauvet, che stanno facendo il giro del mondo dopo essere partite da Ciudad Juárez, città di frontiera nel nord del Messico dove da vent’anni centinaia di figlie, di madri, di sorelle, vengono rapite, stuprate e assassinate. Ci sono anche loro in Ferite a morte, diventate il simbolo della memoria, della denuncia, della lotta.

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  • EditoreRizzoli
  • Data di pubblicazione2014
  • ISBN 10 8817072346
  • ISBN 13 9788817072342
  • RilegaturaCopertina flessibile
  • Numero di pagine215
  • Valutazione libreria

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