Come in Zio Vanja, c’è una situazione insostenibile che però non si risolve, manca la catarsi della vera tragedia, la morte. Vanja che per due volte spara per uccidere e per due volte manca il bersaglio. E la tragedia è appunto questa impossibilità di una tragedia, questo atto mancato che porta il dramma alla sua esasperazione senza mai una soluzione. Qui i toni sono più leggeri, si tratta in fondo di un breve atto unico pieno di ironia, ma come nei drammi maggiori, le stesse forze spingono dal sottosuolo.
Sanguineti traduce questo teatro di prosa in versi, in endecasillabi sciolti, com’era per le tragedie dell’Alfieri o i saggi, a carattere scientifico, del Parini. E ci tiene a dire “Insieme a”, non usa tradotto, o trasposto o “nella versione in versi di…”. Vi è una identificazione. O meglio, più di una. È anch’egli illuminista, ha un forte sdegno per le ingiustizie, ha una fiera rabbia contro la società e anche se sostiene di essere disilluso, crede nella capacità della parola di poter cambiare le cose.
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